Vivendo il disequilibrio. Come dentro, così fuori

12 10 2010

Ci siamo persi, smarriti da tanto tempo oramai e senza saperlo veramente. Perlomeno non ne siamo consapevoli fino in fondo, è più una vaga sensazione, un disagio collettivo. Non sappiamo bene a cosa attribuire il vuoto dentro che torna a manifestarsi puntualmente. E non ci rendiamo conto che il caos intorno a noi, quello vissuto giorno per giorno, rispecchia esattamente quello che in realtà viviamo anche dentro. I segnali sono evidenti, sia dall’ambiente che fornisce storie disastrose sempre più frequentemente, sia dalla società che, apparentemente civilizzata, in realtà nulla di civilizzato ha. – Una riflessione e un appello.

Tanti anni fa sono stata per qualche mese a Sydney, Australia, con l’intenzione di perfezionare l’inglese. L’università che frequentavo offriva la possibilità di seguire dei corsi condotti da Aborigeni. Ho avuto il privilegio di affacciarmi alla loro cultura, bellissima, profondamente mistica e spirituale, come anche al loro modo di vivere e concepire la vita e l’esistenza stessa. Mi si sono rivelate l’umiltà  e la devozione più totale per Madre Terra ed i suoi esseri, umani o animali che siano. Ho anche visto però cosa comporta perdere la propria base e ridursi allo smarrimento più drammatico, nell’incontrare degli Aborigeni per le strade di Sydney che, troppo spesso purtroppo, cercano di sopravvivere al nostro modo di vivere e che non è il loro, aggrappandosi ad una bottiglia.

Questo è un aneddoto che, a mio avviso, rispecchia molto lo stato dell’umanità in generale, specialmente del cosiddetto “primo mondo”. Il prezzo del nostro “civilizzarsi” è stato alto – se poi ci siamo riusciti e cosa ci ha portato di buono, è un altro argomento. Intanto sono convinta di una cosa: l’insegnamento mistico e spirituale è venuto a mancare con l’andare del tempo, i riti ed i cerimoniali iniziatici – tanto importanti per accompagnare il percorso della crescita del nostro essere che è anche spirituale – non esistono quasi più o comunque non  trasmettono più nulla. E non sto parlando di religione come la predica quella società chiamata Chiesa Cattolica o altri circoli di questo genere che sono questo e nulla di più – dei circoli e delle società.

Privazione con conseguenze fatali

Ci siamo privati, senza rendercene conto, di quelle che erano le nostre fondamenta, il nostro sostegno, che darebbe il giusto equilibrio tra mente ed anima oltre che con il mondo che ci circonda. Il nostro ritmo di vita è frenetico, tante le cose da fare, le distrazioni multiple e apprezzate. Ci aiutano a non pensare troppo a questo disagio che sentiamo. Non ci concediamo nemmeno di ammalarci – bisogna funzionare ad ogni costo, sempre e comunque. Dobbiamo essere attivi, felici, belli ed avere successo quando spesso ci sentiamo vuoti e a terra – anche se quasi mai l’ammettiamo.

Cerchiamo quindi i mezzi per colmare, preferibilmente consumando o lavorando in eccesso, spesso entrambe le cose. Facciamo di tutto, anche se poi, appena consumata una cosa, miriamo subito alla prossima. Nulla riesce ad appagarci veramente e per tanto. Il nostro consumo sfrenato poi ci costringe a fare sempre più per potercelo permettere. Ad esempio adottando il metodo dello sfruttamento e del menefreghismo verso tutti e tutto e ad ogni costo. – Ci manca il rispetto di base sia verso il nostro pianeta, verso ogni essere, verso noi stessi.

Quindi quello che succede nel “micro”, si manifesta  nel “macro”. La Terra da decenni ci mostra la sua sofferenza, il suo limite raggiunto e sorpassato da troppo. Oramai una catastrofe segue la prossima, sempre peggiore della precedente. L’inquinamento ambientale è spaventoso e ci uccide a rate.

La soluzione sta in noi

“Credo che per affrontare le sfide dei nostri tempi gli esseri umani debbano sviluppare meglio il senso di responsabilità universale. Ognuno di noi dovrà imparare  non solo a lavorare per se stessi, per la sua famiglia o la propria nazione, ma per il beneficio di tutti gli esseri umani. La responsabilità universale è la chiave per la sopravivenza umana oltre ad essere fondamento per la pace nel mondo”, ha detto il Dalai Lama recentemente. Le sue parole mostrano un’enorme consapevolezza, vale a dire quella di essere tutti collegati, proprio come un unico organismo. Il nostro pianeta è il corpo straziato, noi particelle di esso, a nostra volta sfibrati.

La soluzione è in noi, nella consapevolezza che il modo in cui viviamo non ci rende felici e non sarà possibile sostenerlo.

Invece di cercare la felicità nelle cose, potrebbe essere il di meno di esse a renderci più felici. Fare qualche passo indietro piuttosto d’incrementare all’infinito. Quando abbiamo meno bisogno di cose materiali, abbiamo meno bisogno di avere risorse materiali. Ciò ci mette a disposizione più tempo. E magari, avendo più tempo, lo useremo per (ri-)guardarci e prenderci cura di noi, ritrovando quella parte mistica e spirituale di cui siamo stati privati. Forse impiegheremo il nostro tempo per stare in silenzio, creando spazi per riflettere di cosa realmente abbiamo bisogno e cosa ci appaga veramente. Sapendo che quella parte di lavoro che abbiamo lasciato, lo farà qualcuno che finora era „dis-occupato“. In questo modo, magari, arriveremo al senso che il lavoro ha: di farci vivere e non di vivere per lui – e che ognuno lavori per vivere degnamente, non per accumulare.

Lo stesso vale per quello che riguarda l’inquinamento ambientale, l’esaurimento delle risorse mondiali, l’ineguaglianza riguardo alla spartizione di esse… La lista è lunga. E tocca sempre gli stessi punti: solo la consapevolezza di ciò che accade dentro noi e fuori e nel vivere il rispetto incondizionato verso tutti e tutto può fare la differenza. Cambiare nel nostro piccolo il modo di comportarci, di vita, di consumo, di partecipazione. Essendo tutti collegati, quando sfruttiamo qualcuno o qualcosa, sfruttiamo noi stessi. Tutto quello che inquiniamo oggi, lo mangeremo o respireremo domani. L’immondizia che buttiamo non si dissolve nel nulla – la troveremo il giorno dopo, ad aspettarci.

‘Heal the world’, salva il pianeta, dice il titolo di una canzone. Io dico invece: Salviamo noi stessi per salvare il mondo.

Maria-Noemi Giallella, Il Tulipano – Zurigo


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Una risposta

13 10 2010
magicflute Oh

cibo per l’anima 🙂

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